Sportello del Lavoro - Università degli Studi di Trieste

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Dario Fadda

Laurea in Fisica, PhD in Fisica

Intervista

1) NOME- COGNOME

Dario Fadda

2) AZIENDA ATTUALE PRESSO CUI SEI IMPEGNATO, RUOLO e SEDE

Istituto: SOFIA Science Center

Ruolo: Senior Scientist

Sede: NASA Ames, Mountain View, California, Stati Uniti d’America

3) FORMAZIONE PRESSO l’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE: CORSO DI STUDI/MASTER/DOTTORATO

Laurea in Fisica (1992)

Dottorato di Ricerca in Fisica (1997)

4) QUALE È STATA LA TUA PRIMA ESPERIENZA DI LAVORO DOPO LA LAUREA? CREDI TI SIA SERVITA PER ENTRARE A FAR PARTE DELL’AZIENDA PER CUI LAVORI?

Dopo il dottorato ho avuto delle posizioni di post-dottorato. La mia prima importante esperienza fu al CEA (Commissariat à l’énergie atomique) in Francia dove lavorai nel gruppo che gestiva la camera fotografica dell’osservatorio spaziale ISO, il primo telescopio spaziale infrarosso europeo. La mia supervisor fu Catherine Cesarsky, la direttrice scientifica della camera di ISO, che sarebbe poi diventata direttrice dell’European Southern Observatory, l’organizzazione europea che gestisce il più importante gruppo di telescopi nell’emisfero australe. Questa esperienza è stata fondamentale perché mi ha catapultato in un gruppo internazionale (ISO era un telescopio dell’agenzia spaziale europea, ESA) a lavorare su dati completamente nuovi e rivoluzionari (osservazione di galassie distanti nell’infrarosso) con tecniche di elaborazione dei dati all’avanguardia. In particolare, fui coinvolto in uno studio dell’evoluzione delle galassie nel corso della storia dell’Universo per cui il mio nome finì su “Le Monde” e, per una trentina di secondi, mi si vide perfino in prima serata sulla TV francese.

Oltre all’esperienza lavorativa accumulata durante questo post-doc, la cosa veramente importante fu l’interazione con scienziati in diversi istituti europei. Una volta finito il post-doc bisogna darsi da fare per cercarne un altro, se non si ha la fortuna di vincere un concorso. E, grazie alla natura internazionale del post-doc che avevo (una Marie Curie network) mi fu facile trovarne un altro simile. Anzi, ebbi addirittura l’imbarazzo della scelta.

5) PUOI SPIEGARE QUALI SONO LE TUE MANSIONI E LE RESPONSABILITA’ CHE RICOPRI?

Attualmente lavoro nell’istituto che gestisce l’osservatorio infrarosso SOFIA. SOFIA è un Boeing 747 modificato in modo da contenere un telescopio con uno specchio di 2,5 metri di diametro. Un’apertura nella parte posteriore della fusoliera permette di osservare con il telescopio quando l’aereo vola nella stratosfera. Questa parte dell’atmosfera si trova immediatamente sopra la troposfera che contiene il 99?l vapor acqueo dell’atmosfera e dove avviene la maggior parte dei fenomeni meteorologici. Il vapor acqueo è il principale nemico dell’astronomia infrarossa perché illumina il cielo nell’infrarosso offuscando la vista dei telescopi terrestri, un po’ come succede alle stelle di giorno. L’infrarosso è molto importante in astronomia. Infatti, circa il 50?lla radiazione cosmica ci arriva nell’infrarosso, mentre la radiazione ottica e ultravioletta è a volte completamente oscurata da nubi molecolari e polvere nelle galassie.

Il mio lavoro consiste in una parte di “servizio”, cioè lavoro direttamente legato al telescopio, e una parte di ricerca personale. Tipicamente il rapporto è 80% servizio e 20% ricerca personale. Io lavoro con uno strumento, uno spettroscopio a campo integrale (FIFI-LS) che permette di osservare galassie o parti della nostra galassia allo stesso tempo come immagini e disperdendo la luce lungo un certo intervallo di lunghezze d’onde. In questo modo si possono studiare particolari righe di emissione nell’infrarosso creando per esempio immagini e campi di velocità di galassie spirali per metterne in luce la rotazione delle braccia. Il mio lavoro è molto vario. Comincia con la valutazione tecnica delle proposizioni osservative che sono sottomesse all’osservatorio. Di queste devo valutarne la fattibilità basandomi sulla conoscenza dello strumento. Successivamente entro in contatto con gli scienziati che hanno proposto i progetti per discutere i dettagli tecnici delle osservazioni e ottimizzare l’uso dello strumento. Le osservazioni sono programmate in periodi di due o tre settimane durante le quali lo strumento è installato sul telescopio. SOFIA vola tipicamente per dieci ore la notte. Ogni volo comprende numerose osservazioni in una sequenza che permette all’aero di tornare all’aeroporto di partenza. Siccome il portale di SOFIA si trova sulla sinistra dell’aereo, questo condiziona la sequenza di osservazioni possibili e rende la programmazione del volo così complicata che tre persone nell’istituto si occupano solamente di questo. La rotta è continuamente aggiornata fino a un’ora prima del volo per tener conto delle condizioni atmosferiche. Durante il volo, gli astronomi che hanno ottenuto il tempo di osservazione hanno la possibilità di volare con noi per prendere decisioni in tempo reale come, per esempio, ampliare il campo di osservazione oppure osservare ulteriori righe se la sorgente si rivela più brillante di quanto avevano stimato. In loro assenza, la responsabilità per questo genere di decisioni ricade su di me e il mio gruppo. Devo quindi studiare i casi scientifici prima di ogni volo. Una volta terminate le osservazioni, il mio incarico principale è elaborare i dati. Questo significa ripulire i dati grezzi da artefatti strumentali, correggere i dati per la diversa risposta dei pixel, sommare le immagini di osservazioni ripetute, trasformare le unità strumentali in unità fisiche utilizzando osservazioni di calibrazione (flusso, lunghezza d’onda) e infine aggiungere ai dati l’informazione spaziale del puntamento del telescopio. I risultati finali, cubi spettrali calibrati dove le tre dimensioni sono le due coordinate celesti e la lunghezza d’onda, sono infine posti in un archivio in linea dove possono essere ricuperati da scienziati per utilizzarli nei loro studi e pubblicare le loro scoperte. Siccome nell’astronomia moderna si utilizzano dati provenienti da vari telescopi e strumenti che osservano in differenti lunghezze d’onda, è importante avere dei pacchetti di software il più possibile intuitivi per visualizzare e analizzare dati anche senza essere esperti. Per questo motivo, ho sviluppato un software grafico per visualizzare, analizzare e confrontare con dati da altri telescopi gli spettri ottenuti con SOFIA.

La mia attività di ricerca consiste nel proporre osservazioni, cercare finanziamenti per finanziare la mia ricerca, ottenere e analizzare dati osservativi nel quadro di varie teorie e pubblicare infine i risultati su riviste scientifiche. Negli ultimi anni mi sono dedicato allo studio della formazione stellare in galassie vicine e dell’evoluzione delle galassie in ammassi di galassie utilizzando diversi telescopi spaziali e terrestri. Lavorando in un osservatorio il tempo per fare ricerca è ridotto a causa della continua interazione con gli scienziati che osservano con SOFIA. D’altra parte, la familiarità con il telescopio mi permette sia di ottimizzare le mie osservazioni che di interpretarne le misure con una conoscenza approfondita dei suoi limiti. Per questo motivo sono spesso coinvolto da scienziati nei loro progetti di ricerca.

6) C’È UN ERRORE CHE RITIENI DI AVER COMMESSO NELLA RICERCA DEI TUOI PRIMI IMPIEGHI E CHE TI SENTI DI CONDIVIDERE AFFINCHE’ALTRI NON LO RIPETANO?

Tutto considerato, ritengo di esser stato molto fortunato nei vari impieghi che ho avuto. Un’unica volta ho fatto una scelta che si è rivelata molto sbagliata basandomi non sull’interesse del progetto ma sulla garanzia di una maggiore stabilità lavorativa. Purtroppo, passare da gruppi coinvolti in ricerche all’avanguardia con telescopi spaziali a un gruppo di persone nello stesso progetto da 25 anni e in certo qual modo fossilizzate è stato uno shock e si è rivelato la scelta peggiore della mia carriera. Tutto il contrario di quanto attualmente accade in SOFIA, dove il gruppo è molto dinamico con un’alta percentuale di giovani ricercatori e risultati scientifici all’avanguardia.  Il miglior consiglio che posso dare è informarsi prima di accettare un lavoro. Questo significa visitare il luogo di lavoro, magari per un periodo lungo, e parlare con chi vi lavora. Molto spesso la gente parla in maniera molto aperta di tutto ciò che accade nel loro istituto e dell’ambiente lavorativo. Se si ha la fortuna di conoscere qualcuno che lavora nell’istituto bisogna chiedergli assolutamente tutto. Rimane sempre una certa parte di rischio, ma almeno è possibile evitare di mettersi in ambienti tossici o in progetti non adeguati a sviluppare la propria carriera.

7) QUALI SONO LE COMPETENZE O CARATTERISTICHE CHE SECONDO TE TI HANNO PERMESSO DI RAGGIUNGERE I TUOI OBIETTIVI PROFESSIONALI?

 La preparazione universitaria mi ha dato una buona base di conoscenze matematiche e fisiche, soprattutto teoriche. Durante il dottorato ho avuto l’opportunità di inserirmi nel mondo della ricerca capendo come si lavora in un gruppo di ricerca, come si pubblicano articoli e si presentano risultati ai congressi. Ho avuto la fortuna di passare parte del mio dottorato all’estero. Questo ha aperto molto i miei orizzonti. La possibilità di lavorare in grandi centri internazionali e di conoscere personalmente luminari del proprio campo di ricerca non deve essere sottovalutata. Queste esperienze sono state per me un trampolino di lancio per i successivi post-doc. Con il senno di poi, mi sarei preparato più a fondo nei seguenti campi:

  • Conoscenza di lingue straniere, soprattutto l’inglese che non ho mai imparato a scuola.

Un buon corso di inglese all’università mirato alla comunicazione scritta e orale preparerebbe alla vita della ricerca dove è indispensabile saper scrivere (articoli, proposte di ricerca) e parlare (conferenze, colloqui di lavoro).

  • È ora indispensabile conoscere uno o più linguaggi di programmazione per fare della ricerca scientifica. All’università ho imparato pochissima programmazione. Quasi tutto ciò che so l’ho appreso da solo. Come si sa, da autodidatti si è guidati dalla passione e dal bisogno immediato ma manca una visione generale e organizzata.
  • Analizzare errori di misura, fittare funzioni, comparare distribuzioni di dati con predizioni teoriche è il pane quotidiano di ogni scienziato. Nonostante ciò, la statistica non è tipicamente studiata a fondo nei corsi di fisica. Nel mio caso non c’era un corso dedicato di statistica, ma solo delle parti di corsi di laboratorio. Anche qui ho dovuto compensare studiando da solo. Girando per il mondo ho visto che questa non è una mancanza solo italiana. I miei colleghi americani sono messi pure peggio.

8) COSA CONSIGLIERESTI A UN NEOLAUREATO CHE DESIDERA INTRAPRENDERE LA TUA PROFESSIONE?

 Per fare ricerca in astrofisica al giorno d’oggi è essenziale avere un dottorato di ricerca. Trieste per quanto riguarda la ricerca in astrofisica ha due istituti di rilievo, l’osservatorio e la SISSA, dove lavorano ricercatori di fama mondiale. Qualunque sia la scelta fatta, consiglio di sfruttare la possibilità di passare all’estero parte del dottorato. Nel mio caso ho passato diversi periodi in Francia (all’istituto di astrofisica di Parigi e all’osservatorio di Nizza). Non solo ho imparato molte cose in questi soggiorni, non ultimo a parlare francese che è stato molto importante per inserirmi nel post-doc a Parigi, ma ho conosciuto molte persone che mi sono poi state utili. Ho colleghi italiani che hanno addirittura fatto un doppio dottorato (contemporaneamente in Italia e Francia). Infine, consiglio vivamente un’esperienza all’estero. Esistono borse della Comunità Europea per aumentare la mobilità dei ricercatori e molteplici opportunità negli Stati Uniti. Lavorare all’estero per un paio d’anni è molto formativo anche se non si ha intenzione di lavorare all’estero per tutta la carriera. Alcuni stati lo riconoscono: in Spagna non si può concorrere ad un posto di ricercatore statale senza aver speso un periodo in un istituto estero. In Francia, è importantissimo avere nel proprio curriculum un periodo speso in un istituto estero. Sarebbe bello se qualcosa di simile avvenisse anche in Italia.