Servizio Prevenzione Protezione

Ultimo aggiornamento contenuto: 17.07.2014 14:44:17

I LASER, Paolo Sirotti, docente

Laser vuol dire amplificatore di luce basato sull’emissione stimolata della proiezione, cioè un fenomeno essenzialmente quantistico. Il laser è nato intorno al 1960, è stato prima progettato a livello teorico e poi costruito alcuni mesi dopo, è stato costruito in America. Il laser non è un dispositivo singolo, i principi sono quelli, però il laser è un’ampia famiglia di dispositivi che sono estremamente diversi fra di loro per potenza e lunghezza d’onda della radiazione emessa, per caratteristiche della luce che emettono e di conseguenza anche per le possibili applicazioni.

Il laser, per le sue potenze, è una sorgente di luce, quindi emette luce anche se il nome dice "amplificatore di luce"; amplificatore significa che noi dobbiamo  immettere una source nel nostro dispositivo, in the laser la luce viene amplificata, questo è il significato di amplificatore di luce. In realtà di solito i laser vengono usati come sorgenti cioè emettono luce, si accende un interruttore e questo dispositivo emette radiazioni; tuttavia non possiamo qui descrivere troppo sui principi alla base di questo dispositivo, possiamo illustrare le caratteristiche di alcuni di questi dispositivi. Siccome queste caratteristiche sono tante e diverse soprattutto per potenza, è chiaro che bisogna capire se questi dispositivi possono essere pericolosi, dove risiede la loro pericolosità, quindi è necessario istituire una normativa.

I laser sono stati divisi in classi di sicurezza, vanno dalla classe 1 alla classe 4 con possibili suddivisioni, soprattutto per quanto riguarda la classe 3, suddivisa in classe 3A e classe 3B. Come sono stati suddivisi in queste classi di sicurezza? C’è un parametro che sarebbe un parametro importante e fondamentale per la definizione di sicurezza che è la cosiddetta  esposizione massima permessa, cioè la quantità di energia che può andare sulle parti sensibili esposte alla radiazione; la parte più sensibile che noi abbiamo è certamente la retina poi anche la pelle naturalmente.

Quindi queste classi prevedono:

la classe 1 non prevede particolari norme, la classe 2 prevede alcune attenzioni, la classe 3 prevede attenzioni molto maggiori al livello che sarebbe necessario, nei laboratori in cui si usa il laser della classe 3 they sarebbe necessario la presenza di un tecnico specializzato in safety; la classe 4 è assolutamente pericolosissima e può provocare danni gravissimi per le persone.

Comunque la pericolosità si può dividere in due categorie: pericolosità intrinseca del dispositivo e pericolosità di effetti collaterali. Per esempio, se noi usiamo un laser per lavorazioni metallurgiche, cioè che taglia metal lamiere, che taglia materiali in genere, ci sono degli aspetti da considerare oltre a quelli della radiazione stessa, per esempio l’emissione di gas, di sostanze velenose, di materiali fusi. Se tagliamo plastiche, si può avere la produzione di diossina per esempio che va opportunamente drenata, poi i laser di questa potenza spesso lavorano con il cosiddetto scudo di gas cioè il fascio è ingabbiato dentro un getto di gas che ha lo scopo di preservare il materiale da eventuali incendi o ossidazioni oppure addirittura di accelerare la reazione. Per esempio, si possono tagliare lamiere di ferro in getto di ossigeno cosicché il laser scalda un punto; poi questo punto, se la sua temperatura supera la temperatura di accensione del ferro che è intorno a 1200 °C a questo punto si propaga velocissimo perché l’ossigeno burns i materiali. E comunque uno dei problemi che ci si può porre subito, è perché mai questo laser può essere così pericoloso e perché mai è necessaria una normativa, una suddivisione in classi come abbiamo accennato.

La radiazione emessa dal laser è certamente luce, ma è una luce molto particolare. Nessuno cioè pensa di istituire la normativa sulla pericolosità delle lampadine, dei tubi al neon se non per la possibilità di rotture. Un laser da 10mWatt è molto più pericoloso di un tubo al neon da 60 Watt,  come mai? Esso è  più pericoloso perché la radiazione emessa dal laser è coerente. Cosa vuol dire coherent? La coerenza è una virtù particolare della luce; per capirla dovremmo andare un po’ a fondo nei meccanismi di emissione, nella storia dell’emissione stimolata del nome del dispositivo (applicatore luce mediante emissione stimolata della radiazione) e cosi via, però vi faccio il seguente paragone, non mio, ma da parte di uno dei costruttori del laser stesso.

Pensiamo a una boat da canottaggio con 8 rematori, ognuno dei quali remi per conto suo, alla frequenza che vuole e quindi tanti colpi al minuto a caso e con il sincronismo casuale. Trasportando questo discorso al caso della luce, questa sarebbe una sorgente incoerente e queste sono la maggior parte delle sorgenti di luce con cui abbiamo a che fare. Nel laser invece, i rematori are remano con lo stesso numero di colpi al minuto e quindi con la stessa frequenza, quindi stesso colore: questa è la coerenza temporale o monocromaticità cioè un colore unico della radiazione emessa. L’altro discorso: essi remano tutti insieme, vanno in phase. Da un punto di vista microscopico possiamo dire che gli atomi che emettono luce, essi emettono in sincronismo con la stessa fase della radiazione, tutti i rematori remano in fase; questo fa sì che la radiazione di un laser è molto direttiva, possiamo anche espanderla it, ma in linea di massima un laser è un fascio di luce estremamente concentrato. Quindi pochi mWatt di un laser possono "viaggiare" in un fascio estremamente concentrato, colpiscono l’occhio, vengono messi a fuoco tutti sulla retina, dove si raggiunge una densità di potenza facilmente pericolosa. Per esempio un laser for chirurgia oculistica emette radiazioni di centinaio di mWatt, cosa causano questi 100 mWatt?

Essi comportano per esempio una fotocoagulazione della retina. Dove questo fascio viene messo a fuoco, la retina viene bruciata, naturalmente l’operazione ha un senso, cioè viene saldata la fotocoagulazione della retina; è una foto, è una saldatura con luce nel caso in cui la retina si stacca dal fondo. Quindi 100mWatt sono chiaramente pericolosi.

Ecco alcuni tipi di laser. Questo è un piccolo laser di classe 2, questo è il fascio rosso del piccolo dispositivo, un po’ più di un giocattolo. Questo puntino rosso è di classe 2 e cosa dice la normativa per la classe 2? Di non guardarlo nei nostri occhi, comunque il laser andrebbe considerato sempre potenzialmente pericoloso. Quindi, come quando durante the servizio militare gli istruttori consegnano un fucile in mano ad una persona e dicono: ”Il fucile non va mai puntato su un amico, anche se sei sicuro che è scarico”, il laser non va mai focused sugli occhi. Quindi bisogna stare attenti affinché il fascio laser non colpisca gli occhi, la pelle (a seconda della classe), bisogna stare attenti anche a evitare delle eventuali riflessioni speculari che possano colpire gli osservatori. La legislazione ha previsto tante normative che regolano l’uso del laser, definiscono cioè la pericolosità del laser per diversi tipi di usi, per esempio laser di applicazione meccanica, laser per le telecomunicazioni. Nelle comunicazioni in fibra ottica la portante del segnale è la luce emessa da particolari laser; l’enorme quantità di informazioni viene trasmessa in fibra ottica su  laser, anche questo è tutto previsto è tutto regolato dalle normative di sicurezza.

Per i laser più pericolosi (classe 4) le norme prevedono generalmente che questi dispositivi stiano in camere chiuse e la radiazione che esce deve essere di classe 1 (la classe non pericolosa). Quindi esiste laser che taglia lamiere di titanio di alcuni centimetri a 5 metri al minuto; questo però è un laser che taglierebbe anche il braccio di un operatore. Un laser del genere deve lavorare in una camera sigillata chiusa con finestre per i controlli magari visivo, magari davanti a telecamere; la radiazione che esce è sicura a riguardo della classe.

La pericolosità varia molto a seconda della lunghezza d’onda della radiazione: i laser visibili (della luce visibile) sono più sicuri dei laser che lavorano con luce non visibile (con luce infrarossa, con luce ultravioletta), perché? Perché la luce visibile innesca dei meccanismi di difesa automatici della persona. E’ is chiaro che se uno è colpito da radiazione laser visibile immediatamente chiude l’occhio, abbassa la palpebra, gira la testa; se invece questa radiazione è invisibile può darsi che i meccanismi di difesa intervengano solo quando il danno  già avvenuto. L’esposizione massima permessa è un parametro difficilmente valutabile perché volta per volta si dovrebbe andare misurare qual è la luce che arriva sulla retina in una particolare situazione e allora si è pensato di semplificare, da cui le classi di cui parlavamo, cioè sono fissati dei limiti di potenza per vari tipi di laser. Quindi:

  • classe 1: 2mWatt ;
  • classe 2: inferiore a 5mWatt;
  • classe 3: fino a 100mWatt;
  • classe 4: superiore.

It is una classificazione un po’ grossolana, ma sostanzialmente diciamo attendibile.

Questo è un laser con anidride carbonica di tipo chirurgico; si vede tutta l’unità di alimentazione che è abbastanza importante, l’alimentazione, il controllo. Osservate uno dei cartelli che le normative prevedono da apporre sull’apparecchiatura: le apparecchiature laser devono avere dei cartelli che indicano la classe del dispositivo e fanno una specie di sintesi delle norme fondamentali cioè dicono: “Attenzione laser di classe 4, pericolo per l’esposizione degli occhi e della pelle”. Questo laser emette circa 50 Watt nell’infrarosso, il laser vero e proprio è questo tubo qui sopra, la radiazione viene catturata qui, il chirurgo usa questo sistema di specchi articolati come un bisturi. C’è anche un altro laser che dovrebbe essere collineare con quello ad anidride carbonica, un laser di piccola potenza a elio-neon come quello che abbiamo visto prima che emette nel rosso come quello che uso io sul banco ottico. Questo laser ad elio- neon è usato come laser di puntamento, cioè il chirurgo punta la zona che deve “lavorare”, che deve trattare, quando la vena è focalizzata con il laser visibile quindi è in grado di controllare la posizione del raggio principale con un pedale che comanda l’accensione del raggio principale, che taglia e che esegue  l’operazione. Questo laser chirurgico è vecchio e in disuso, però dà un’idea anche del fatto che i laser costituiscono una famiglia di dispositivi, anche perché naturalmente questo è un laser indicatore, questo è un laser vedete come sono diversi no? Drammaticamente diversi. Non abbiamo qui la possibilità di vedere un laser per lavorazioni meccaniche. Questi laser sono degli enormi complessi in cui gas sotto pressione are circolano ( alle volte at velocità supersonica) e ci sono pompe che mettono in circolazione questo gas, ci sono generatori di alta tensione, di alta pericolosità correlata all’uso del laser quando è necessario. Questi laser per le lavorazioni meccaniche sono dei complessi enormi che poco rassomigliano al laser, visto come un tubetto o  una penna, ci sono poi i laser che sconfinano nella fantascienza, come naturalmente quelli per impieghi militari o quelli per tentativo di fusione termonucleare. Sono qualche cosa avevo visto una volta in una fotografia di un laser impiegato in sperimenti di fusione termonucleare. Beh, mi sembrava di vedere una specie del nostro edificio centrale aule, era un enorme edificio, e dicevo questo è il laser. Ah interessante! Questi laser devono fare implodere delle sferette di combustibile termonucleare. Cosa significa implodere? Che la radiazione emessa su delle sferette di combustibile arriva concentrica e le porta ad una temperatura di accensione termonucleare cioè oltre i 100 milioni di gradi.

Dalla classe 3 in poi le norme prevedono l’uso di cosiddetti DPI. Cosa vuol dire DPI? Dispositivi di Protezione Individuale, che però è un termine molto generico. Un DPI è un casco che  il construction worker deve indossare in un cantiere, è la scarpa antinfortunistica. Ecco, cosa sono invece i Dispositivi di Protezione Individuale per chi lavora con il laser? Essi sono occhiali di protezione, che dovrebbero quindi venir usati in tutti i laboratori dove ci sono laser di classe 3. Questi occhiali di protezione, ovviamente devono (stesso discorso delle camere di sicurezza per chi lavora in ambiente laser di classe 4, metallurgici e cose simili) dovrebbero portare la radiazione al di sotto della classe 1. Dalla classe 3 in poi la normativa prevede per esempio in un laboratorio in cui ci siano laser di questo genere la presenza di un technician addetto alla sicurezza, quindi questo tecnico dovrebbe lui stesso imporre l’uso di questi dispositivi di protezione che naturalmente andrebbero scelti in modo opportuno. Ora qui noi siamo in presenza di un laser in funzione, vi ho mostrato prima un laser di classe 2, abbiamo detto it non aveva grossi problemi.

Vi mostro adesso un laser di classe 3, almeno 3 quando le batterie sono cariche, comunque questo beam è già sgradevole da guardare. Questa "penna" che viene incredibilmente venduta come indicatore per congressi, per diapositive (la cosa è leggermente quasi criminale) può danneggiare un occhio a centinai metri di distanza. Già per accendere questo occorrerebbe la presenza del tecnico addetto alla sicurezza.

Qui, uno dice: “Va beh, non ho visto occhiali, ci sono laser accesi e io non sto usando occhiali, ma come mai?”. Intanto bisogna dire una cosa: per l’uso in laboratorio le norme sono meno rigorose. Esse sono meno rigorose perché naturalmente si suppone che l’operatore un po’ sappia quello che fa, quindi diverso è quando viene usato un laser per tagliare lamiere, un laser in una sartoria in cui i tessuti che vengono tagliati. Diverso invece quando si lavora in un laboratorio e si fanno certe cose bene. Bene, io mi occupo di un particolare uso del laser che è la cosiddetta elaborazione ottica dell’immagine. Cos’è l’elaborazione ottica dell’immagine? Anche qui il discorso sarebbe estremamente lungo perché c’è un intero corso universitario che spiega queste cose. L’elaborazione ottica delle immagini è una controparte dell’elaborazione delle immagini che si fa con un calcolatore. Questa più o meno è una cosa che tutti sanno cos’è: c’è un’immagine e l’immagine può venire migliorata, si possono togliere tagli sgraditi, si possono intensificare certi aspetti. Noi invece facciamo un’elaborazione ottica che è come dicevo una specie di controparte di quella numerica. Come funziona questa elaborazione ottica e che vantaggi ha? Una volta si diceva: “Ha il vantaggio della grande velocità” perché non c’è un tempo di calcolo, perché la luce del laser viene strutturata in maniera opportuna, cioè qui abbiamo il fascio laser che entra nel nostro dispositivo, si vede questo puntino rosso. Questo fascio di luce viene espanso in una cosiddetta onda piana uniforme. Ecco una possibilità offerta dalla coerenza della sorgente: l’onda piana uniforme; cosa vuol dire onda piana uniforme? Se fosse tutto a punto, c'è la stessa intensità della luce e soprattutto la stessa fase; cioè è un fronte d’onda che procede. Quando questo fronte d’onda, questa onda piana uniforme attraversa l’immagine ne assume l’informazione di ampiezza e anche l’informazione di fase. Cos’è is l’informazione di fase di un’immagine? Questo può non essere facile da capire e noi siamo abituati a pensare alle immagini come a un qualcosa che modifica l’intensità della luce che viene riflessa o che attraversa l’immagine. Una pagina stampata è l’immagine di ampiezza perché noi vediamo il bianco e il nero dei caratteri. Cos’è un informazione di fase? Se si stringe un pezzo di plastica con delle pinze, you non si vede niente però c’è uno sforzo del materiale. Lo sforzo comporta una variazione del percorso della luce, cioè del cammino ottico della luce: la luce che si propaga dentro il materiale si propaga a velocità diversa, e quindi il fronte d’onda piano uniforme che illumina un’immagine viene modificata, cioè memorizza l’informazione di fase dell’immagine. Noi siamo in grado di vedere con l’elaborazione ottica queste immagini, cosiddette immagini di fase. Questa è la possibilità che l’elaborazione numerica non offre, quindi una volta si diceva: "L’elaborazione ottica è comoda perché è veloce”. Oggi con i calcolatori questo vantaggio si può felt in situazioni particolarissime, mentre invece il vantaggio di poter vedere immagini di fase è un qualcosa che è sostanziale. Queste immagini di fase possono essere getti di gas, possono essere onde d’urto, possono essere deformazioni di materiali trasparenti e tornando alla sicurezza? Qui c'è un laser di classe 3B per aggravare la situazione. Io e i miei studenti, quando presenti, we non indossiamo gli occhiali. Il nostro laser è ingabbiato. Il fascio non è libero, quindi il fascio inizia con la sua potenza, ma poi viene espanso e quindi perde moltissimo della sua potenza; cioè il laser è intrappolato. Quindi noi non usiamo, probabilmente se uno volesse potrebbe usarlo, dei dispositivi di protezione individuale, anche perché forse costituirebbe un pericolo aggiuntivo più che non una sicurezza, nel senso che il dispositivo di protezione blocca la proiezione del laser, certamente però blocca anche l’ambiente circostante, quindi uno potrebbe muoversi con difficoltà nel laboratorio quindi magari andare incontro a pericoli imprevisti come urti, caduta di oggetti, danni di materiali. Per dare un’idea di quello che facciamo, io ho preparato un esperimento molto semplice che consiste appunto nel vedere dell’immagine di fase e nello stesso tempo si può anche percepire che non sono presenti pericoli, non sono presenti rischi aggiuntivi. Naturalmente questo discorso che non ci sono pericoli va bene fino a che il banco ottico che contiene il laser non viene manomesso, non viene smontato, non viene messo fuori uso. E’ is chiaro che se uno deve predisporre tutto sul banco ottico e allineare il laser allora il discorso cambia, ma questo e fatto dal tecnico addetto alla sicurezza oppure lo faccio io. Lo studente elabora l’immagine, guarda i risultati, ma non deve toccare la sorgente; infatti qua c’è un cartello, ecco questa è una norma di sicurezza: “ Per favore, fare estrema attenzione a non toccare, a non disallineare il fascio!”. Ho preparato un’immagine estremamente semplice: un getto di gas di una spray, su cui c’è un’etichetta fuorviante (aria compressa). It is a spray venduta per esempio nei negozi di computer per pulire tastiere e quindi uno dice: “Ah aria compressa, benissimo!”. Lui non legge tutte le informazioni in piccolo: in realtà questa non è aria compressa, questo è un gas estremamente infiammabile, quindi se per caso uno fuma e pulisce la tastiera, egli rischia di originare un'esplosione. Il getto di gas (tra l’altro molto debole) - attenzione a non schiacciare tanto - viene convogliato con un ago per endovena (il cosiddetto ago a farfalla), il fronte d’onda piano uniforme del laser che vi mostravo prima attraversa esso, lo considera un’immagine, viene alterato nella sua phase e il processo di elaborazione ottica prevede che quest’immagine viene trasformata secondo Fourier. La trasformata di Fourier è un algoritmo matematico, e qui viene realizzata fisicamente cioè è un campo elettromagnetico prodotto dalla lente e concentra la luce che ha attraversato l’immagine. Questa trasformata di Fourier viene filtrata da un opportuno filtro, quindi l’immagine è ricostruita e viene acquisita da una telecamera, quindi non c’è nessun intervento dell’occhio dell’operatore, quindi il nostro occhio è una telecamera. La telecamera vede l’immagine trascritta e la manda sul monitor, un monitor probabilmente pilotato da un computer con un opportuno software. In questo modo l’immagine di fase viene quanto meno resa visibile: ecco vedete sul monitor il getto di gas emesso dalla spray, notate che è un getto debolissimo; è una gocciolina di gas che esce e il flusso viene immediatamente percepito. Si può cercare di perturbare questo flusso: adesso ho mandato il flusso sulla lastrina di vetro e vedete che il gas si espande lungo la lastrina, passa oltre e torna indietro e si diffonde lungo tutta la lastrina. Ecco quindi spero di avervi dato un’idea dei problemi legati alla sicurezza del laser, in particolare nel caso nel nostro laboratorio con riferimento al tipo di lavoro che facciamo.

IONIZZANTE RADIAZIONI

Nelle dimostrazioni successive io vi mostrerò la manipolazione errata e quella corretta di una sorgente radioattiva. Le sorgenti radioattive insieme agli apparecchi a raggi X sono le principali cause di produzione di radiazioni che, se intense, possono danneggiare i tessuti biologici e quindi anche parti del corpo umano che sono a esse esposte. Nel caso nostro, noi vogliamo far vedere che una sorgente radioattiva deve essere manipolata con notevole prudenza. Generalmente esse sono contenute in cabinets schermati in modo che l’intensità della radiazione sia fortemente attenuata dalle pareti dell’armadio stesso allo scopo di evitare l’esposizione esterna, come si chiama la radiazione che proviene dall’esterno e incide sul corpo umano. E’ necessario anche che la sorgente radioattiva, o meglio il materiale radioattivo contenuto nella sorgente stessa, non possa essere disperso nell’ambiente e quindi contaminare la persona. Nel caso nostro la sorgente radioattiva è sigillata: il materiale radioattivo è contenuto nel contenitore stesso della sorgente e non può disperdersi nell’ambiente salvo in situazioni incidentali. In ogni caso, le norme di prudenza, come vedrete nei video, consigliano la manipolazione della sorgente ad una certa distanza dal tecnico, che difatti preleverà la sorgente radioattiva con pinzette durante la procedura corretta, mentre sarà protetto da un lab coat in modo da evitare possibili contaminazioni esterne nel caso che la sorgente si trovasse in condizioni di danneggiarsi e di disperdere il materiale radioattivo.

Nella procedura errata invece, nessuna precauzione per quanto riguarda la manipolazione della sorgente sono prese: viene prelevata direttamente con le mani e senza pinzetta, esponendosi cosi potenzialmente ad una dose elevata alle estremità e non si è protetti con il lab coat esponendosi quindi alla possibilità di contaminazione radioattiva nel caso che il materiale radioattivo fuoriuscisse dalla sorgente stessa.

Abbiamo già eseguito un esperimento i cui risultati sono riportati qui: mediante l’individuazione di questi picchi  è possibile caratterizzare una sorgente radioattiva. Possiamo individuare essi  meglio attuando questo tipo di espansione, per cui questi picchi sono stati allargati. Possiamo anche caratterizzare essi scorrendo con un cursore e posizionandolo nelle posizioni dei massimi in corrispondenza dei quali possiamo leggere certi conteggi che sono indicativi dell’attività alle varie energie della sorgente radioattiva che abbiamo in precedenza analizzato. Con questa apparecchiatura noi potremo anche caratterizzare altre sorgenti radioattive e valutare la loro attività.

Il tecnico di laboratorio vuole individuare le caratteristiche di una sorgente radioattiva: erroneamente egli prende la sorgente radioattiva con le mani da una posizione in cui la sorgente era già stata abbandonata e la inserisce nell’apparecchiatura. On the analizzatore noi non vediamo nessun particolare segnale e per fortuna questo ci dice che la sorgente radioattiva impropriamente manipolata, che avrebbe potuto costituire pericolo per l’operatore, è una sorgente del tutto decayed, cioè che non ha praticamente nessuna attività. Da questo punto di vista possiamo dire che per fortuna l’operazione sbagliata non ha causato nessun danno.

E questa volta la sorgente radioattiva è stata fornita in un apposito contenitore, il tecnico è equipaggiato di un camice per proteggerlo da eventuali contaminazioni, egli prepara l’apparecchiatura, preleva la sorgente prudentemente con delle pinzette in modo da non dover entrare in contatto con le mani rispetto alla sorgente e chiude l’apparecchiatura. L’analisi è iniziata e la zona di presenza attuale della sorgente è segnata da un apposito cavalierino con simbolo radioattivo. On the analizzatore si vede il picco caratteristico della sorgente.

La sorgente precedente mal manipolata non aveva dato nessun picco; questa che effettivamente è radioattiva dà un picco che è individuabile sull’analizzatore di spettro, propriamente chiamato analizzatore multicanale per questa specifica funzione. In questo modo possiamo caratterizzare l’energia emessa dalla sorgente, le caratteristiche del nuclide che costituisce la sorgente stessa e approssimativamente anche  l’attività della sorgente.

CAMPI ELETTROMAGNETICI, Elvio Valentinuzzi, docente

Cercheremo di fissare alcune idee sulla safety in presenza di campi elettromagnetici. Quando we talk about di campo elettromagnetico, si parla sul modo di manifestarsi di una forma di energia che fa comparire delle forze di tipo elettrico, che agiscono sulle cariche, e forze di tipo magnetico, che agiscono su dei materiali sensibili al campo magnetico, basta pensare alla bussola. Dal secolo scorso, to the campo elettromagnetico naturale si deve aggiungere la presenza di un campo generato per sfruttare le proprietà di propagazione del campo elettromagnetico e le proprietà di riscaldare i materiali che contengono molecole di acqua. I campi elettromagnetici, invisibili se non per un limitato campo di frequenze nel campo delle frequenze ottiche, suscitano sempre grande perplessità e dei timori talvolta sicuramente ingiustificati, dovuti principalmente alla scarsa conoscenza che si ha di questi fenomeni. Allora, spesso i campi elettromagnetici vengono confusi con le radiazioni ionizzanti anche perché condividono il nome di radiazioni con queste. Per specificare che si tratta di campi elettromagnetici a radiofrequenza, si parla di radiazioni non ionizzanti. Potenzialmente pericolosi, diventano innocui e addirittura utili quando siamo in grado di controllarne l’intensità. In questo discorso cercheremo appunto di mettere a fuoco il controllo dell’intensità.

Supponiamo di trasmettere una potenza PT che si distribuisce da un punto su una superficie, che supponiamo sferica di ampiezza r. Il rapporto PT sulla superficie 4 pi greco r quadrato rappresenta la densità di potenza, che di solito viene indicata col simbolo S. Questa densità di potenza è anche esprimibile attraverso il valore efficace in questo caso del campo elettrico, quindi modulo al quadrato del valore efficace del campo diviso 120 pigreco. In questo modo abbiamo messo in evidenza i tre elementi fondamentali, cioè la potenza che deve essere considerata, la distanza alla quale dobbiamo considerare la densità di potenza e il efficace valore del campo elettrico che è il campo che interessa di più le nostre frequenze. La densità di potenza si misura usualmente in mWatt/cm quadrato mentre invece l’intensità del campo elettrico si misura in Volt/metro. Esiste una legge molto precisa e anche abbastanza avanzata in termini di protezione, che fissa dei valori di campo elettromagnetico, che sono sicuri per l’esposizione continuata della popolazione oppure sono sicuri per i lavoratori che si trovano esposti per tempi comunque generalmente più brevi. I valori che prendiamo come riferimento sono i valori di 6 V/m per esposizione continuata e di 20 V/m per i lavoratori esposti. Questo valore va da 20 a 60 V/m in dipendenza dei valori di frequenza. Per i valori di frequenza che consideriamo noi nel nostro discorso il limite è 20 V/m che è anche più cautelativo. E le potenze che prenderemo in considerazione sono di 0.1 Watt, di 1 Watt, di 20 Watt e di 100 Watt, che sono valori abbastanza tipici per i sistemi che dovremo commentare.

A 0.1 Watt noi abbiamo 6 V/m a 0.3 m, mentre avremo 20 V/m a 8 cm. At one Watt, noi abbiamo 0.9 m per il valore di 6 V/m e di 0.27 m per 20 V/m. A 20 Watt, noi abbiamo 4 m per il valore di 6 V/m e 1.2 m di distanza per 20 V/m. At 100 Watt infine, che è il valore più elevato che abbiamo considerato e che corrisponde normalmente a trasmissioni da radio base in questo caso, abbiamo 9 m per avere 6 V/m e 2.7 m per avere 20 V/m. Allora, commentando questi risultati, passiamo anche ad esaminare i sistemi di cui possiamo essere più interessati nel nostro discorso. Quindi, i sistemi Wi-Fi, che infondono nell’ambiente un campo elettromagnetico per servire gli apparati che adesso sono collegati, e i sistemi wireless in generale, in particolare i sistemi cellulari che abbiamo normalmente in commercio. Il valore di 20 Watt si riferisce invece a un’emittente di una radio base, il valore di 100 Watt alla somma di più emittenti, che possono trasmettere da una posizione radio base. Da quanto si vede, possiamo dire che per quanto riguarda i Wi-Fi, a meno che uno non metta la testa davanti all’antenna, i valori sono assolutamente sicuri perché alla distanza di 0.3 m abbiamo i 6 V/m, quindi possiamo tranquillamente dire che l’impianto Wi-Fi non è un impianto che crea dei problemi di safety dal punto di vista elettromagnetico. Sicuramente ci può essere qualche dubbio, ma in questo caso bisogna anche precisare che questi valori sono valori estremamente cautelativi, che sono stati fissati dalla nostra normativa e che comunque non si sono riscontrati effetti pericolosi anche con valori molto più elevati di questi ,che stiamo indicando in base ai valori previsti dalla normativa, quando si trasmette 1 Watt abbiamo 6 V/m a quasi 1 m di distanza. Questo è il caso dei telefoni cellulari del tipo GSM. I telefoni del tipo UMTS usano oggi dei valori ancora più bassi di emissione che sono più vicini a questo valore di 0.1 Watt che abbiamo indicato per Wi-Fi. Quindi, in questo caso potremmo dire che la trasmissione della potenza di 1 Watt, che di solito il telefono esegue quando si trova distante dalla radio base per cui emette tutta la sua potenza, potrebbe superare i valori che sono indicati, ma per l’esposizione continuata, ovviamente. E vediamo che il valore di 20 V/m è at 30 cm circa, quindi grosso modo siamo in una zona in cui viene usato il telefono normalmente quando si parla. 20 Watt rappresentano invece l’emissione della radio base, come dicevamo, e qui può essere una sicurezza ambientale per le abitazioni che si trovano intorno alla radio base, un dubbio, che spesso viene manifestato. Anche in questo caso si vede, abbiamo 6 V/m at 4 m, quindi, purché non si vada nei pressi dell’impianto, sicuramente gli edifici che sorgono nei dintorni sono in condizioni di sicurezza. Quando si trasmette anche 100 Watt, il valore diventa 9 metri, anche tenendo conto di un eventuale guadagno, le distanze sono grosso modo di quest’ordine di grandezza.

Quindi, da quanto abbiamo visto, possiamo dire che da un punto di vista ambientale grossi problemi non ci sono, salvo qualche attenzione, proprio volendo essere scrupolosi, sull’uso dei telefoni cellulari di vecchia generazione.

Per quanto riguarda invece le misure di laboratorio, possiamo dire che è facilmente controllabile qualsiasi emissione dai banchi di misura, come si vede. Una precauzione che viene sempre suggerita è quella di non alimentare mai le antenne quando si è in prossimità delle stesse per ragioni di montaggio; quindi evidentemente esse devono essere alimentate soltanto quando si esegue la misura sul banco, mentre invece per altri eventuali impianti d’antenna in un laboratorio di campi elettromagnetici bisogna comunque sempre tenere a disposizione (esse trasmettono a potenze più elevate) degli  strumenti per misurare il campo elettromagnetico , ad esempio come questo che ho in mano adesso, e che consentono di valutare di volta in volta quali sono i valori di campo che possono essere presenti nella zona dove agiscono gli operatori.