La storia di Tommaso e suoi genitori  

 

Aperte VirgoletteNon mi ricordo quando è cominciata. Nella mia memoria è sempre stato così. Qualcuno che nella foto ha un sorriso triste, una litigata prima di un compleanno, il silenzio a tavola e io che cerco di fare finta di avere una famiglia normale. Guardo i miei compagni, a scuola, e mi immagino cosa fanno quando tornano a casa, chi trovano ad aspettarli, se c'è qualcuno che li ascolta. Davvero. Mio padre e mia madre sembrano abitare su pianeti diversi. Lui non l'ha mai picchiata, almeno non con le mani, ma credo l'abbia uccisa più e più volte. Le ripete continuamente che non è capace di fare niente, che non sa essere una buona madre, una brava moglie. Le dice che cucina male, che non sa tenere in ordine la casa, che gli fa fare brutta figura con i suoi amici. E' cattivo e io non capisco perchè. Cerco di comportarmi bene, a casa, a scuola, perchè lui sia fiero di me, ma a volte mi sembra che neppure si accorga che esisto. E' troppo impegnato a criticare, alzare la voce, a ripetere sempre le stesse cose. Basta una parola qualsiasi perchè quell'equilibrio perfetto che gli altri conoscono si infranga. E' come se cadesse una maschera e improvvisamente comparisse un'altra persona, una che non conosco e non mi piace. A volte penso che sia colpa mia, che sia io a sbagliare qualcosa ma non riesco a capire come fare per cambiare le cose. Mi sembra di non riuscire a pensare ad altro, non riesco più a divertirmi, a studiare e ho paura che questo peggiori ancora di più la situazione. Ora che sono un po' più grande cerco di restare più tempo possibile fuori casa in modo da non doverli sentire, non doverli vedere. Ogni volta, quando ritorno, è come se qualcuno mi trafiggesse, mi togliesse il respiro. Mi paralizzo e sento crescere dentro la rabbia per la mia impotenza. Ma a chi potrei parlarne? Con chi potrei confidarmi? A lungo ho pensato che la cosa migliore fosse cercare di estraniarmi il più possibile dalla mia realtà, da quella realtà che non riuscivo ad accettare in nessun modo. Ho iniziato a bere, per gioco, alle feste con gli amici. Mi faceva stare bene perdere il senso di me, di chi sono. Potevo far finta di essere qualcun altro, qualcuno che meritasse più di me di essere amato. Poi stavo male, vomitavo, ma ogni volta ricominciavo. Ieri mattina a casa c'è stata l'ennesima discussione. Mio padre ha iniziato a gridare, mia madre a piangere. Non si sono neppure accorti che mi sono alzato da tavola e sono salito in camera mia. Ho pensato che non ce la facevo più, non volevo sentirli, ancora, di nuovo. Così sono andato in salotto e ho preso una bottiglia di vodka dei miei. Ho cominciato a bere, tutto d'un fiato. Volevo spegnere quel fuoco che sentivo dentro, spegnere la luce, volevo scomparire, dimenticare tutto. Ad un certo punto ho sentito la voce di Sofia che mi chiamava salendo le scale. Ero talmente preso da quello che stavo facendo che non ho sentito il campanello, devono averle aperto i miei. Lei è una mia amica, le voglio bene, non voglio che mi veda così. Mentre continuavo a domandarmi cosa avrebbe pensato, cosa avrei potuto inventarmi, lei ha aperto la porta della stanza e mi ha trovato lì, con la bottiglia in mano, fuori di me. E' stato un istante: ci siamo guardati negli occhi, immobili. Poi lei ha chiuso la porta, mi è venuta vicino, mi ha tolto la bottiglia dalle mani e mi ha abbracciato. Forte. Ho cominciato a piangere, senza più riuscire a fermarmi. Non mi ha chiesto niente, non ha giudicato quello che stavo facendo. Era lì con me, per me. Ci siamo seduti e io ho cominciato a raccontarle la mia storia, quella vera, non quella che mi ero inventata su di me, fuori casa. Lei ha ascoltato e poi mi ha detto qualcosa a cui non avevo mai pensato: non era colpa mia. E avevo bisogno di aiuto. Mi ha abbracciato di nuovo e mi ha promesso che mi sarebbe stata vicina. Mi ha preso per mano, abbiamo sceso le scale e siamo usciti, insieme. Per la prima volta, ho sentito che non ero solo. E ho avuto chiaro che io, la mia vita, ho il diritto di viverla e di sentirla, non devo fuggirla. So che non sarà facile, ma posso farcela.Chiuse Virgolette

 

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