La storia di Roberta e Sebastiano  

 

Aperte VirgoletteA me ancora non sembra vero. A volte credo di essere addormentato e di non riuscire a svegliarmi per tornare alla realtà. Ma poi scopro che non è così. La ferita è ancora aperta e fa male. E' qualcosa di difficile da spiegare a parole. Non è solo per quello che è successo ma anche per il significato che tutto questo ha, per ciò che sento intorno a me. Insomma, tutto è ancora più difficile. Eppure all'inizio sembrava una bella storia, una di quelle in cui credere. Roberta l'ho conosciuta a scuola, stessa età ma classi diverse. A me piaceva una sua amica e per arrivare a lei avevo chiesto aiuto proprio a Roberta. La conoscevo di vista, dalle medie, e così sarebbe stato più facile. Così abbiamo cominciato a parlare, a frequentarci e dopo un po' neppure mi ricordavo più della sua amica. Lei era diversa da tutte le ragazze che avevo conosciuto: era spigliata, sempre con la battuta pronta, sempre con un'idea su cosa fare, dove andare. Mi piaceva la sua intraprendenza, la sua grinta, la sua decisione. Abbiamo iniziato ad uscire insieme regolarmente, a fare coppia. Le ho presentato i miei amici, lei i suoi, la cosa si faceva seria. Stavo bene. Ogni tanto alcuni suoi atteggiamenti mi davano fastidio, come quando mi prendeva in giro davanti alle sue amiche o quando non mi permetteva di scegliere cosa mangiare o che film vedere, ma l'arrabbiatura mi passava subito. Mi ripetevo che lei era fatta così e che, in fondo, era anche un po' per questo che me ne ero innamorato. Quindi, perchè lamentarsi? Una sera, però, un suo comportamento mi ha spiazzato. Eravamo usciti a ballare con altre coppie e ad un certo punto, dentro al locale, io e Marco siamo andati via dalla pista per bere qualcosa. Mentre aspettavamo al banco, si sono avvicinate due ragazze e si sono messe a parlare con noi. Era evidente che una delle due mi avesse preso di mira, ma non stava succedendo niente di grave, tanto più che noi avevamo subito messo in chiaro che non cercavamo compagnia perchè non eravamo venuti da soli. Ad un certo punto, ho visto arrivare Roberta che, come una furia, si è messa fra me e questa ragazza, dicendole che non avrebbe dovuto toccarmi, che io ero solo suo e che non poteva neppure osare pensare a me. Io sono rimasto senza parole. Ho cercato di calmarla ma lei ha continuato a gridare, addirittura afferrando l'altra per i capelli. Una volta rimasti soli, le ho fatto notare che non solo il suo comportamento era stato eccessivo ma che la cosa mi aveva messo a disagio, in imbarazzo e che non poteva pensare che io fossi un suo possedimento. Lei allora mi ha chiesto scusa, spiegandomi che teneva talmente a me al punto da aver perso la testa per la gelosia. Mi è sembrata sinceramente dispiaciuta e abbiamo fatto pace. Episodi simili, però, si sono ripetuti sempre più spesso. Non ero più libero di ricevere un sms o una telefonata senza avere i suoi occhi puntati addosso e le sue domande inquisitorie su chi era e perchè mi cercava. Mi chiamava decine di volte al giorno, anche in orari assurdi, e non voleva che io uscissi senza averne prima discusso con lei. Praticamente, da mesi non riuscivo più a trascorrere una serata con un amico o fare qualcosa da solo. Ho iniziato a stare male. Mi sentivo sempre nervoso, non avevo più voglia di mangiare né di fare teatro, la mia passione. Tutta la mia vita ruotava intorno a questa storia. Ho pensato più volte di lasciarla ma lei o si mostrava disperata o incredibilmente minacciosa e aggressiva. Davvero non sapevo più cosa fare. Avrei voluto confidarmi con qualcuno, ma già così i miei amici mi prendevano in giro perchè mi lasciavo comandare a bacchetta, non avrei mai avuto il coraggio di raccontare quanto stavo soffrendo.
Una sera mi ha chiamato il regista del mio gruppo teatrale. Avevo di nuovo mancato la lezione e voleva sapere se c'era qualcosa che non andava. D'istinto gli ho risposto: “Tutto”. Lui allora mi ha chiesto se sarei rimasto in casa quella sera. Al mio “si”, lui ha semplicemente detto “arrivo” e mi ha salutato. Poco dopo, ha suonato al mio campanello. Ero molto imbarazzato: è una persona alla quale sono molto legato, da anni, ma non abbiamo mai avuto un rapporto confidenziale e non mi andava di raccontargli quello che mi stava succedendo, non ero sicuro che avrebbe capito.
Con tutti questi pensieri in testa, sono rimasto in silenzio. Non riuscivo a dire niente. L'ho invitato a salire in camera mia, per chiacchierare con più tranquillità, e una volta soli è stato lui a iniziare. Mi ha detto che era un po' di tempo che mi vedeva strano, aveva capito che c'era qualcosa che non andava. Non tanto perchè non andavo più agli incontri, ma perchè anche quando c'ero non ero mai lì. E lui sapeva bene quanto io amassi recitare. Mi ha rassicurato dicendomi che non voleva sapere niente, che forse lui non era la persona più adatta per parlarne, ma qualsiasi cosa fosse successa, mi stava distruggendo e io avevo bisogno di aiuto, non potevo andare avanti così. Ho provato a spiegargli che non era facile, che me ne vergognavo, che non sapevo come uscirne e lui mi ha detto che il prezzo che stavo pagando era troppo alto: affrontare il problema sarebbe stato sicuramente difficile e doloroso ma non più di continuare a vivere nella situazione in cui mi trovavo. Poi mi ha abbracciato, come non aveva mai fatto, e mi ha salutato.
Ricordo che sono rimasto lì, per un po', senza alcun pensiero in testa. Era come se avessi resettato tutto. Ho sentito di colpo tutto il peso di quanto non avevo detto a nessuno, delle continue angherie, delle aggressioni immotivate, delle prese in giro, dei commenti fuori luogo. Mi è mancata l'aria. Come se improvvisamente avessero tolto tutto l'ossigeno dalla stanza. Mi sono alzato e sono corso in cucina. Ho chiamato mia madre e le ho detto che avevo bisogno di parlarle. Ci siamo seduti in salotto e ho cominciato a raccontarle tutto. Se chiudo gli occhi, posso sentire ancora la sensazione di paura prima e di sollievo poi che ho provato quando, prima di iniziare, ho spento il mio cellulare. Come se, di nuovo, avessi ripreso in mano la mia vita. Sapevo che avrei dovuto affrontare molto dolore ma avevo fatto il primo passo. Era quella la parte più difficile.Chiuse Virgolette

 

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