Poesia turca - Nazim Hikmet
Il piu' bello dei mari
e' quello che non navigammo.
Il piu' bello dei nostri figli
non e' ancora cresciuto.
I piu' belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di piu' bello
non te l'ho ancora detto.
Nato a Salonicco nel 1902, Nazim Hikmet fu esponente di spicco della cultura turca del '900. Si trasferi' negli anni '20 in Russia e, rientrato successivamente in Turchia, fu condannato per la sua opposizione al regime e per propaganda comunista. Scrisse molte delle sue poesie durante la detenzione in carcere. Rimesso in liberta' nel 1950, si stabili' a Mosca dove mori' nel 1963. Per Nazim Hikmet la poesia d'amore non e' mai soltanto poesia d'amore; egli riassume in "Amore" la sua esistenza, quelle esperienze che ognuno di noi ha almeno una volta nella vita. Caratteristica curiosa, e' la quasi totale mancanza di punteggiatura nelle sue poesie.
Nazim Hikmet e' uno dei piť grandi poeti del ventesimo secolo; le sue opere sono state tradotte in piu' di cinquanta lingue. Nasce a Salonicco, in Turchia (passata alla Grecia nel 1912), nel 1902; la passione per la poesia la eredita dal nonno e dalla madre; fin dalla tenera eta' ha occasione di conoscere artisti e poeti, nonche' di frequentare circoli letterari. Pubblica i suoi primi versi alla giovane eta' di 17 anni. Frequenta l'universita' a Mosca, attratto dalla Rivoluzione Russa e dalle sue promesse di giustizia sociale; tornato in patria viene arrestato, colpevole di collaborare con una rivista di sinistra. Costretto a rifugiarsi nuovamente a Mosca ha contatti con le avanguardie e, in particolare, con Majakovskij. Solo un'amnistia generale gli permette di tornare in patria nel 1928. Tra il 1929 e il 1936 pubblica nove libri che rivoluzioneranno il modo di scrivere turco: libera la poesia dalle convenzioni letterarie ottomane introducendo i versi liberi e uno stile colloquiale. Nel 1938 viene condannato a 28 anni di carcere per la sua opposizione al regime di Kemal Ataturk: le sue poesie, i suoi articoli, i suoi libri sono considerati un incitamento alla rivolta. Sotto accusa, in particolare, "L'epopea di Sherik Bedrettin", dove Hikmet racconta la ribellione contadina del 1500 contro l'impero ottomano. L'analogia e' evidente. Questo e' l'ultimo libro divulgato in Turchia mentre Nazim Hikmet e' in vita. Da questo momento su di lui e' censura totale. E' Pablo Neruda a raccontare come l'amico Hikmet viene trattato durante la sua prigionia: "Accusato di aver tentato di incitare l'esercito turco alla ribellione, Nazim e' stato condannato alle punizioni piu' terribili. Mi ha detto che e' stato costretto a camminare sul ponte di una nave fino a sentirsi troppo debole per rimanere in piedi, quindi lo hanno legato in una latrina dove gli escrementi arrivavano a mezzo metro sopra il pavimento... Il mio fratello poeta sente le sue forze mancare; resiste con orgoglio; comincia a cantare; all'inizio la sua voce e' bassa, poi sempre piu' alta fino a urlare; canta tutte le canzoni, tutti i poemi d'amore che riesce a ricordare, i suoi stessi versi, le ballate d'amore dei contadini, gli inni di battaglia della gente comune; canta qualsiasi cosa che la sua mente ricordi; e cosi' vince i suoi torturatori". Nel 1949, a Parigi, una commissione internazionale della quale fanno parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson e Jean Paul Sartre, si batte per la liberazione di Hikmet. Nello stesso anno si forma il primo governo turco eletto democraticamente, e Hikmet viene nuovamente liberato in seguito ad un'amnistia generale. Non durera' a lungo: ben presto la sua persecuzione ricomincia piu' spietata che mai. Simone de Beauvoir ricorda gli eventi di quei giorni: "Mi racconto' come nell'anno successivo alla sua liberazione subi' due attentati, con le macchine, nelle vie di Istanbul. In seguito provarono a costringerlo a fare il servizio militare nella frontiera russa: aveva quasi 50 anni. Il dottore, un maggiore, gli disse: 'Mezz'ora in piedi sotto il sole e sei un uomo morto', ma gli diede ugualmente un certificato di buona salute. Riusci' a scappare, di notte, attraverso il Bosforo, con un motoscafo. Voleva raggiungere la Bulgaria, ma era impossibile considerate le condizioni climatiche. Incontro' una nave da carico rumena, che non si fermo'; la insegui', nonostante la tempesta; dopo circa due ore si fermarono, senza pero' farlo salire a bordo. Il motore del motoscafo era ormai fuori uso; si considerava senza via di scampo. L'equipaggio della nave chiese istruzioni a Bucarest... Esausto, mezzo morto, Hikmet arrivo' barcollando nella cabina del capitano, dove vide una sua enorme fotografia con la scritta 'Salvate Nazim Hikmet'. 'La parte piť divertente', ricordava Nazim, 'fu che ero gia' libero da piu' di un anno'!". Nazim e' costretto a espatriare a Mosca; tuttavia il governo turco nega il permesso alla moglie e al figlio di seguirlo. Durante il suo esilio ha il secondo attacco di cuore; nonostante le sue condizioni di salute continua a lavorare duramente, visitando non solo l'Europa dell'Est ma anche Roma, Parigi, L'Avana, Pechino. Privato della cittadinanza turca nel 1959, sceglie di diventare cittadino polacco; nello stesso anno si sposa per la terza volta. Muore a Mosca nel giugno del 1963, a causa dell'ennesimo attacco di cuore. Il giorno prima, sentendo forse la sua fine vicina, scrive la sua ultima poesia, dal titolo "Il mio funerale". In occasione del centenario della sua nascita, il governo turco, a seguito di una petizione firmata da oltre mezzo milione di cittadini, restituira' al grande poeta la cittadinanza che gli era stata negata. Il poeta turco attraverso i suoi versi parla di se stesso, del suo Paese, dei valori in cui crede fermamente e per i quali ha combattuto; la sua vita e' inscindibile dalla sua poesia. Eppure, nonostante i soprusi, le ingiustizie, le torture e le privazioni subite, dai suoi versi traspare una purezza lirica straordinaria, una volonta' inarrestabile nel trasmettere i suoi ideali e una passione che vive nelle sue poesie d'amore di una bellezza sorprendente.