C.U.S.R.P. - La lezione americana di Pinter
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La lezione americana di Pinter

Dieci minuti di inusuale standing ovation hanno salutato ieri pomeriggio, all'Università di Torino la «lectio magistralis» con cui Harold Pinter ha ricevuto la laurea honoris causa da quell'ateneo. Lo scrittore inglese, ritenuto da molti il maggior drammaturgo vivente, in modo sobrio e secco, e senza risparmiarsi i risvolti personali, ha pronunciato il suo discorso, che riprende il duro attacco antiamericano e contro la guerra che costituisce da anni l'aspetto principale del suo impegno civile, parallelo e non meno forte della sua scrittura per il teatro.

 


 

Harold Pinter

    Sono molto onorato di ricevere questa laurea da un'Università così prestigiosa. Qualche mese fa sono stato operato di cancro. L'intervento in sé e le implicazioni postoperatorie sono stati per me un vero incubo. Mi sentivo come uno che, incapace di nuotare, annaspa nell'acqua scura di un oceano senza fine. Sono riuscito a non annegare e sono molto contento di essere vivo. Ma appena sono emerso dal mio incubo personale sono subito piombato in un incubo pubblico dilagante - l'incubo dell'isterismo, dell'ignoranza, della stupidità e della belligeranza americani; la più grande potenza che si sia mai vista combattere contro il resto del mondo.
    «Chi non è con noi è contro di noi» ha detto il presidente Bush. E ha anche detto: «Non permetteremo che le peggiori armi rimangano nelle mani dei peggiori capi di stato del mondo». Giusto. Guardati allo specchio, bello. Quello sei tu.
    Gli Stati uniti stanno costruendo delle armi molto sofisticate, «armi atte a distruggere le masse» e sono pronti a usarle là dove lo riterranno necessario.    Ne hanno più loro di quante ce ne siano in tutto il resto del mondo. Hanno ignorato gli accordi internazionali sulle armi chimiche e biologiche,e non permettono a nessuno di ispezionare le loro fabbriche di armamenti.L'ipocrisia insita nelle loro dichiarazioni e nelle loro azioni sembrano quasi uno scherzo.
    Gli Stati uniti pensano che i tremila morti di New York siano gli unici morti che contano. Sono morti americani. Gli altri morti sono irreali, astratti, senza importanza.
    Dei tremila morti in Afghanistan non si sente mai parlare.
    Delle centinaia di migliaia di bambini iracheni che sono morti a causa delle sanzioni inglesi e statunitensi che li hanno privati dei farmaci essenziali non si sente mai parlare.
    Degli effetti dell'uranio impoverito, usato dagli Usa nella guerra del Golfo, non si sente mai parlare. Il livello di radiazioni in Iraq è spaventosamente alto. Nascono bambini senza cervello,senza occhi, senza genitali. E dagli orifizi delle orecchie, delle bocche e dei retti esce soltanto sangue. Dei duecentomila morti di Timor Est,nel 1975, di cui è responsabile il governo indonesiano ma con il consenso e l'incoraggiamento degli Stati uniti, non si sente mai parlare.
    Dei cinquecentomila morti in Guatemala, Cile, El Salvador, Nicaragua, Uruguay, Argentina e Haiti, tutte iniziative appoggiate e finanziate dagli Stati uniti non si sente mai parlare.
    Dei milioni di morti in Vietnam, Laos e Cambogia non si sente più parlare.
    Della sofferenza palestinese, fonte principale dell'inquietudine mondiale, se ne parla pochissimo.
    È una pessima cognizione del presente e una ancor peggiore interpretazione della storia.
    Le persone non dimenticano. Non dimenticano la morte dei loro concittadini, non dimenticano le torture e le mutilazioni, non dimenticano le ingiustizie, non dimenticano l'oppressione, non dimenticano il terrorismo delle grandi potenze. E non solo non dimenticano. Ma reagiscono attaccando a loro volta.
    La tragedia di New York era prevedibile e inevitabile. Una rappresaglia contro i continui e sistematici atti di terrorismo distato da parte degli Usa in tutti questi anni e in tutti gli angoli del mondo.
    In Inghilterra, da un po' di tempo a questa parte,si dice alla gente di «vigilare» in vista di probabili atti terroristici. L'espressione è di per sé assurda. In che modo la gente dovrebbe - o potrebbe - vigilare? Mettendosi una sciarpa sul naso e sulla bocca per non respirare i gas letali? Purtroppo esiste davvero la possibilità di atti terroristici e questo grazie alla spregevole e vergognosa sottomissione del Primo Ministro inglese agli Stati uniti. Pare che ultimamente sia stato sventato un attentato con gas letali nella metropolitana di Londra. Ma potrebbe benissimo succedere di nuovo. A Londra migliaia di bambini prendono la metropolitana tutti i giorni per andare a scuola. E se ci sarà un attentato e moriranno avvelenati dai gas la colpa sarà unicamente del Primo Ministro. Il quale, inutile dirlo,non va mai in metropolitana.
    L'attacco contro l'Iraq mira, di fatto, al massacro di migliaia di civili col pretesto di salvarli dal loro dittatore.
    L'Inghilterra e gli Stati uniti stanno percorrendo un cammino che porterà a un aumento della violenza nel mondo e che andrà a finire in una vera e propria catastrofe.
    È comunque ovvio che gli Stati uniti stiano facendo di tutto per far scoppiare la guerra contro l'Iraq. E credo che ci riusciranno - non solo per avere il controllo sul petrolio iracheno- ma anche perché oggi il governo americano è come una bestia assetata di sangue. Conosce solo il linguaggio delle bombe. Molti americani,come sappiamo, sono inorriditi di fronte all'atteggiamento del loro governo ma purtroppo sembra che non possano fare niente.
    Se l'Europa non riesce a trovare la solidarietà,l'intelligenza, il coraggio e la volontà per combattere e resistere il potere degli Usa si meriterà la definizione di Alexander Herzen(così come è apparsa nel Guardian di Londra) «Noi non siamo il nemico, siamo il morbo».

(Traduzione di Alessandra Serra)

 

il manifesto, 28 Novembre 2002